L'Assemblea regionale siciliana, nella seduta del 6 agosto 1999 ha approvato il disegno di legge n. 475 dal titolo "Modifiche della legge regionale 1 marzo 1995, n. 19, ed altre disposizioni concernenti giacimenti di materiali da cava", pervenuto a questo Commissariato dello Stato, ai sensi per gli effetti dell'art. 28 dello Statuto speciale il 9 agosto 1999. Il provvedimento legislativo teste' approvato nel modificare la precedente, l.r. n. 19/1995, includendo tra i materiali oggetto di attivita' estrattiva le calcareniti e il basalto dell'Etna prima esclusi, dispone la riapertura per 90 giorni, del termine fissato dalla cennata l.r. n. 19 per la presentazione delle istanze finalizzate al rilascio dell'autorizzazione per la coltivazione dei giacimenti minerali da cava. In tale contesto di consentita legittimazione ex post di attivita' estrattive eventualmente gia' intraprese, purche' compatibili con i vincoli paesaggistici e di tutela ambientale, e' stata inserita la norma del comma 6, art. 1 oggetto del presente gravame per violazione degli artt. 3, 97 e 81, quarto comma della Costituzione. La norma censurata, infatti, apoditticamente dispone che tutte le sanzioni previste dall'art. 7 l.r. n. 19/l995 sinora irrogate per attivita' estrattiva svolte in assenza di autorizzazione, o proseguite dopo la notifica del provvedimento di decadenza o di revoca, siano ridotte del 60 per cento e che, in ogni caso, non possono superare l'importo di 30 milioni di lire. Orbene siffatta cospicua decurtazione delle sanzioni amministrative irrogate dal 1995 ad oggi appare lesiva del principio di buon andamento della p.a. poiche' priva la stessa amministrazione di notevoli risorse finanziarie senza che ne abbia alcuna utilita' di ritorno la collettivita' amministrata. La norma ingenera al contempo una palese disparita' di trattamento giacche' "premia" una ristretta categoria di contravventori delle leggi regionali (id est l.r. n. 127/1980 e successive modifiche) in assenza, peraltro di una esplicita connessione con la disposta sanatoria, che in astratto avrebbe potuto giustificare la scelta di quantificare in maniera difforme l'ammontare delle sanzioni da applicare. La disposizione in questione inoltre, si pone in palese contrasto con l'art. 81, quarto comma della Costituzione atteso che non e' prevista alcuna copertura finanziaria agli oneri che la stessa comporta sotto il profilo delle minori entrate. Dai chiarimenti forniti dai competenti uffici regionali, ai sensi dell'art. 3 d.P.R. n. 488/1969 (all. 1), risulta infatti che i distretti minerari di Palermo, Catania e Caltanissetta hanno emesso 103 ordinanze ingiunzioni per l'ammontare complessivo di 5.593 milioni di lire. Tali somme, trattandosi di ingiunzioni emesse tutte in anni comprese tra il 1995 o il 1998, sono state inserite fra le entrate del bilancio regionale ed hanno costituito in sede di rendiconto per i diversi esercizi finanziari oggetto di parifica della Corte dei Conti. Orbene la riscontrata esistenza dei residui attivi, peraltro di cospicuo ammontare, rende evidente la violazione dell'art. 81, comma 4 posta in essere dal legislatore che nel disporre tout court la riduzione delle sanzioni irrogate ha omesso di provvedere di dare copertura all'onere finanziario derivante non solo della perdita di entrate gia' accertata ma anche dall'obbligo indirettamente posto all'Amministrazione di restituire parte delle somme eventualmente gia' versate dai contravventori.